Moni Ovadia e la sua lettera agli ebrei: “In Israele progetto nazionalista, violento e feroce”

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Moni Ovadia, nel suo intervento, si presenta come un ebreo che parla agli altri ebrei, riflettendo sulla storia e sull’identità del suo popolo. Racconta come gli ebrei, all’origine, fossero una massa disordinata di persone marginalizzate che, sotto la guida di Mosè, colonizzarono il cielo con un Dio che si dichiarò protettore degli schiavi e degli stranieri. Da questa condizione, gli ebrei hanno sviluppato un senso profondo di uguaglianza umana, poiché tutti gli uomini discendono da una comune matrice, rappresentata da Adamo.

Ovadia critica duramente il sionismo, descrivendolo come un progetto colonialista nato con l’idea di una “terra senza popolo per un popolo senza terra”, ignorando la presenza degli arabi palestinesi. Sottolinea come questa ideologia abbia portato alla formazione di uno stato ebraico militarizzato e razzista, colpevole di genocidio contro un popolo indifeso, i palestinesi, che dovrebbero essere considerati fratelli.

Ovadia sottolinea che la vera grandezza dell’ebraismo risiede nella sua diaspora, durante la quale gli ebrei hanno seminato genialità in tutto il mondo. Egli si oppone all’idolatria della terra e al nazionalismo fanatico che, a suo dire, domina oggi Israele, affermando che l’autentico ebraismo deve fondarsi sul rispetto della dignità umana e sulla giustizia, non sulla violenza e l’oppressione. Conclude affermando che non rinuncerà mai alla sua identità ebraica in favore di un progetto colonialista e violento.

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